GPO in quante maniere srotolare questo acronimo? Grande Protagonista Omnicomprensivo. Oppure Grande Penna Oltre.
GPO, Gianpaolo Ormezzano la stessa cosa. Un giornalista di successo che ha raccontato, da praticante, la morte di Fausto Coppi e lo sport per quasi 70 anni in maniera sublime. GPO, unico e le sigle del nome servivano per “certificare” fondi o per – all’inizio – segnare la firma quando c’è tanto già firmato col nome per esteso. Ha scritto per Tuttosport, La Stampa, il Guerin Sportivo ma anche Famiglia Cristiana, il Giornalino, e ancora e ancora. Mai con una banalità in centinaia di pezzi. Anche in tv, da ospite, odiava l’apparire più che essere e una volta uscì da una trasmissione. Grandissimo. Rimangono i suoi libri, gli articoli in raccolta, mancherà quella capacità soavemente irresistibile di affascinare col riannodare luoghi, dati, volti, storie con voce calda e sempre appassionata. Il gruppo subalpino dedicato a Ruggero Radice deve a lui l’intuizione di una scelta molto significativa. L’Unione Stampa Sportiva Italiana ha il dovere di ricordarlo ora e in futuro.
Gianfranco Coppola, Presidente Nazionale

Ci ha fatto divertire. E se ci siamo divertiti noi, che navigavamo nel suo stesso oceano giornalistico, figuriamoci i lettori. Giampaolo Ormezzano Ha fatto divertire il lettore per quanto, talvolta, Gianni Brera lo faceva imbestialire. Era il sorso di acqua fresca con quel tanto di bollicina che creava il piacere di leggerlo, ascoltarlo, seguirlo nel peregrinare in mondi che lo attraevano e affascinavano. Il ciclismo era amore, amore violento raccontava. Invece del calcio aveva rispetto considerandolo un mistero, gaudioso o tragico ma sempre mistero. Diceva: “Conosco troppo lo sport per poter conoscere bene il calcio”. Frasi ad effetto che valevano un colpo da ko nella boxe, il rush vincente nel ciclismo, la punizione di Maradona che passava dove gli altri non vedevano. Giampaolo Ormezzano era un nome e cognome lungo, ma lo scritto era un colpo di fulmine. Suonava musica con le parole: che scrivesse o ti raccontasse qualcosa. Pareva di veder polpastrelli che strisciavano sulla tastiera di un pianoforte come quelli che poggiava sui tasti della macchina da scrivere o del computer. E ogni tanto gli prendeva il piglio del batterista scatenato. La macchina da scrivere era il simbolo di una certa scapigliatura. Per lui, per tutti. Provava a suonarne una ed anche due in contemporanea. Il computer freddo e un po’arido non può essere compagnia, solo mezzo, per chi aveva l’istinto del narratore, del cronista per tutte le avventure, dell’uomo dentro la storia. Sportiva oppure no: sempre storia. Si siglava “Gpo”, sintesi che ritagliava una immagine scanzonata e sorridente, la chiacchiera finiva con una battuta, una risata, la voglia di stupire. Ha fatto il direttore, ma non ne aveva l’atteggiamento togato. Non era uomo da giacca, cravatta e sorriso di circostanza. Meglio rivederlo col colletto aperto della camicia, narratore ai bordi di un campo, aggrappato ad un capannello di uomini, stretto fra i banchetti di una tribuna stampa. E, d’accordo, il fisico non era più da atleta, piuttosto da mangiator cortese. Ma non gli era difficile passare con indifferenza dalla Mole Antonelliana alla molla torinista. Tifoso irrefrenabile, felice che il padre gli avesse regalato “il più bel calcio che c’era, portandolo a vedere, a Torino, tutte le partite giocate dal Grande Torino”. E lui, più Meroni che Puliciclone, teneva nel cuore la Mole vestita di granata. Pronto ogni volta a scacciare il male juventino. Ormezzano ci ha fatto sentire la sua passione, senza nascondersi dietro il velo. Era giornalista, tifoso, era il pianista che, sull’Oceano della professione, mai ha smesso di suonare le sue ballate.
Riccardo Signori

GPO, UN GIGANTE SEMPRE ENTUSIASTA
Non aveva ancora 25 anni Gianpaolo Ormezzano quando Antonio Ghirelli decise che sarebbe toccato a lui, “che ero l’ultima ruota del treno di carta” andare a Tortona, all’ospedale, dove era stato ricoverato Fausto Coppi. Era il 1° gennaio 1960, il “giovanotto di redazione” era l’unico che non aveva partecipato al veglione di Capodanno e Ghirelli lo scelse. Poche ore dopo il Campionissimo sarebbe morto e Gpo ricordava spesso a Marina Coppi, la figlia di Fausto, che in quel giorno di tragedia, la sua storia di cronista sportivo era cambiata. Fra pochi giorni ne saranno trascorsi 65 da quel 2 gennaio in cui i pezzi del giovane redattore riempirono edizioni straordinarie. Come è accaduto tante volte e in ogni angolo del mondo. Sarà la prima volta, però, senza Fausto e senza Gianpaolo.
Aveva iniziato portando i risultati delle sue gare di nuoto, “ero bravino, ma Carlo Pederzoli mi batteva sempre”, prima di diventare Bud Spencer.
25 Olimpiadi, la prima a Squaw Valley, poche settimane dopo la morte di Fausto, molti Mondiali, ma anche a Cape Canaveral, nel 1969, per il lancio di Apollo 11, “era il record del mondo di salto in alto, dovevamo esserci anche noi”. Inviato e direttore di Tuttosport, editorialista di Stampa, ha scritto per Guerin Sportivo, Famiglia Cristiana e Corriere della Sera (dorso di Torino), narratore di storie e personaggi, di cadute e risalite, i risultati da contorno ai veri protagonisti.
Per l’Ussi Subalpina è stato l’oratore dell’intitolazione del gruppo a Ruggero Radice: invitato da Rino Cacioppo, all’epoca presidente, aveva consegnato il racconto più emozionante, più vero, più appassionato di Raro, al Museo dei Campionissimi di Novi, con le bici, le maglie, le foto di Fausto a fare da cornice.
Per me Ormezzano è stato un regalo: averlo al fianco alla presentazione di ‘Eterno Fausto’, il libro che ho scritto per il centenario della nascita del Campionissimo. Ricordo quell’evento come uno dei privilegi di questo mestiere, respirare quell’entusiasmo di un gigante del giornalismo – tutto, non solo quello sportivo – che aveva accettato di condividere quel pomeriggio con una cronista emozionata come una allieva al cospetto del maestro. Un maestro ironico, mai sarcastico, e con un grande cuore (rigorosamente granata). Per quel giorno, e per tutto, grazie Gpo
Domenica Caligaris
