
di Tonino Raffa
Per morire ha atteso la conclusione dei riti della Settimana Santa e la resurrezione di Cristo. Il saluto a sorpresa alla folla, nella domenica di Pasqua, in piazza San Pietro, è sembrato l’ultimo sforzo in vista del traguardo da parte di un Papa che molti hanno battezzato come l’atleta del Signore. Trasferendo nella sua idea di sport i valori del Vangelo, invocando tutti i giorni pace e amore, passione e rispetto per la verità, Francesco ha offerto una lezione preziosa anche al mondo della stampa, dunque a tutti noi. Al momento delle dimissioni dal Policlinico Gemelli, il 23 marzo, tutto lo staff sanitario aveva raccomandato due mesi di riposo assoluto. Niente sortite all’aria aperta, nessun affaticamento, pochi contatti con l’esterno Lui ha interpretato a modo suo gli inviti alla prudenza. Il sei aprile è apparso in carrozzina al Giubileo degli ammalati, il nove ha ricevuto i reali d’Inghilterra Carlo e Camilla, il 12 è apparso ancora in pubblico per la domenica della Palme, poi ha ricevuto a Santa Marta il vice presidente americano Vance. Infine ha voluto benedire la Pasqua in piazza San Pietro, sia pure delegando la lettura del messaggio ai suoi collaboratori. E’ stato paragonato al campione che, dopo un grave infortunio, recupera prodigiosamente per la partita più importante: quella pasquale. Ma alla fine, dopo essere arrivato al cuore di tutti, è stato il suo cuore a cedere.
Di Bergoglio è stato ricordato tutto in queste ore. A noi piace qui richiamare la sua “Enciclica laica” lanciata attraverso una memorabile intervista, apparsa nel gennaio del 2021 sulle pagine rosa della Gazzetta. Aveva scelto lo sport come metafora. Celebri alcuni passaggi: “chi vince, non sa cosa si perde”, “Maradona un uomo fragile, ma un poeta in campo”, “Bartali un esempio di umanità perchè ha lasciato il mondo migliore di come lo ha trovato”, “il doping annulla la dignità”, “bisogna avere la cultura della sconfitta perchè la vittoria può rendere arroganti”. Aveva spiegato come era nato il suo amore per il San Lorenzo Almagro , la squadra di calcio più povera dell’area di Buenos Aires, dove si giocava con una palla a stracci e per il Basket si usava un cestino per canestro. Da ragazzino aveva giocato in porta “perchè – diceva – con le gambe non ero veloce”.
Incontrando tanti campioni Bergoglio era stato sempre amabile e incisivo allo stesso tempo. A Diego Maradona chiese quale fosse la mano De Dios, ai giocatori di Basket della NBA chiese di combattere il razzismo, in coincidenza con un successo di Sinner disse che il Tennis “è come un dialogo che ci permette di migliorare” e, parlando del Rugby, lo definì lo sport nel quale “la palla viene passata di mano in mano e si avanza insieme finchè si arriva alla meta”. In questo momento di dolore, tocca anche a noi del mondo dell’informazione sportiva, fare tesoro di questa lezione che somiglia molto ad un testamento da veicolare tra i giovani e le loro famiglie.
A tutti dobbiamo ricordare che, nelle regole che disciplinano le gare, occorre mettere davanti a tutto l’amore per le persone, tenendo conto che “vale più una sconfitta pulita che una vittoria sporca”. E la vittoria meritata, quando arriva, bisogna condividerla con gli altri, perchè l’esultanza non deve celebrare l’egoismo ma il senso di appartenenza. Solo così lo sport sano avrà sempre un domani. Pienamente d’accordo con Francesco, per noi quel domani si chiama speranza.